Egy szerény családból származó fiatal lány szobalányként talált munkát egy milliárdos villájában, és ami ezután történt, az egész várost megdöbbentette!

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Il cielo su Neuilly-sur-Seine era di un grigio denso, come se anche il tempo avesse deciso di trattenere il respiro.
Sophie Martin chiuse l’ombrello, le mani ancora tremanti. Davanti a lei, la villa Dupont si stagliava come un castello di marmo e vetro, bellissima e sinistra insieme. Era il suo primo giorno di lavoro, eppure qualcosa, sin dal cancello, le aveva dato una strana sensazione.

«Benvenuta, Mademoiselle Martin.»
Il maggiordomo, un uomo alto e silenzioso di nome Henri, la guidò attraverso il vasto atrio decorato da lampadari di cristallo. Ogni passo di Sophie risuonava nel silenzio come una goccia in un pozzo.

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«Il signor Dupont è in viaggio d’affari. La signora parte domani per Ginevra. Resterà solo il piccolo Antoine. Il bambino è… particolare. Eviti di farlo piangere.»

Sophie annuì, stringendo la cartella contro il petto. Era solo un lavoro, si ripeté. Una casa enorme, uno stipendio generoso, un bambino da accudire. Niente di più.

Ma la villa sembrava viva. Respirava.


Nei giorni seguenti, Sophie imparò a conoscere Antoine: un ragazzino intelligente, sensibile, con un sorriso dolce ma uno sguardo inquietante.
Disegnava spesso figure che non riusciva a spiegare. Ombre senza volto. Porte che si aprivano su stanze che Sophie non aveva mai visto.

«Antoine, cos’è questo?» gli chiese una sera, indicando un disegno in cui una figura oscura si avvicinava a un letto.

«È l’uomo del corridoio. Viene solo quando c’è la luna piena,» disse lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Sophie rise nervosamente. «Un sogno, immagino.»

Il bambino scosse la testa. «No. Lo sento. Cammina come se avesse le scarpe bagnate.»

La frase le gelò il sangue.


La settimana seguente, la villa si svuotò. Madame Dupont partì di mattina presto, Henri disse che sarebbe tornato il giorno dopo. Sophie e Antoine rimasero soli.

Quella notte, la pioggia batteva sui vetri come dita impazienti. Antoine dormiva al piano superiore, il suo orsacchiotto stretto tra le braccia. Sophie, nella biblioteca, cercava di rilassarsi con un libro.

Poi sentì il rumore.

Un vetro infranto.
Poi… passi.

Lenti, pesanti. Provenivano dal corridoio principale.

Sophie si alzò di scatto. «Henri?» chiamò, ma nessuno rispose.

La villa sembrava trattenere il respiro. Ogni lampada, ogni quadro, pareva osservare la scena.

Prese il primo oggetto che trovò – un pesante candelabro d’argento – e corse verso le scale.

In cima, Antoine era sveglio, pallido come un lenzuolo. «Lui è qui,» sussurrò.

«Chi?»

«L’uomo del corridoio.»


Un’ombra scivolò lungo il muro. Un uomo, vestito di scuro, il volto coperto da un cappuccio. Nella mano, un coltello che rifletteva la luce dei lampadari.

Sophie spinse Antoine dietro di sé. «Scappa!» gridò.

L’uomo avanzò.
Sophie colpì, il candelabro incontrò il metallo. Una scintilla. Un tonfo.
Il coltello cadde, ma l’uomo non cadde. Si rialzò, più furioso di prima.

«Non dovevi metterti in mezzo,» ringhiò, la voce roca.

«Chi sei?»

L’uomo non rispose. Dal suo cappuccio colava acqua. Acqua, come se fosse emerso da un fiume.

Antoine gridò: «È lui! È l’uomo del corridoio!»

Sophie lo afferrò e corse verso la porta principale, ma la serratura era chiusa. Chiusa dall’interno.

Dietro di lei, l’uomo si muoveva. Più passi. Non uno, ma più.

Non era solo.


Tre figure avanzarono nell’atrio. Tutte vestite di nero. Tutte mascherate.

«Dove sono i documenti?» urlò una voce. «Jean li ha nascosti qui!»

Documenti? Sophie non capiva. Tutto si muoveva troppo in fretta.

Uno dei ladri la afferrò per il braccio. Lei reagì, lo colpì con tutta la forza che aveva. Antoine urlò. Il terrore nel suo grido la spinse oltre ogni paura.

«Corri!»

Il bambino scappò su per le scale, mentre Sophie lo seguiva, ansimante. Dietro di loro, passi, grida, vetri infranti.

Si chiusero nella stanza di Antoine. Sophie spinse un armadio davanti alla porta.

Il piccolo tremava. «Sophie, ho paura.»

Lei gli accarezzò i capelli. «Non ti succederà niente, te lo prometto.»

Poi vide qualcosa sul comodino. Una foto. Antoine con suo padre, Jean Dupont… e un uomo sullo sfondo.
Henri.


Un rumore alla porta. La maniglia che si muove.

«Sophie,» disse una voce calma. «Apri. È tutto finito.»

Era Henri. Ma la sua voce era diversa. Fredda, tagliente.

«Non aprire!» sussurrò Antoine.

Sophie si voltò verso la finestra. Sotto, il giardino. Cinque metri di salto. Ma era l’unica via.

«Tieniti forte, Antoine.»

Spinse la finestra, ma una mano la afferrò da dietro. Henri era già dentro.

«Dove sono i documenti?» le urlò contro. «Tuo padre li ha presi, vero? Dove li ha nascosti?»

Sophie lo fissò, confusa. «Mio padre? Che cosa stai dicendo?»

Henri la guardò come se avesse rivelato troppo.

Antoine gridò: «Lasciala!»

Il vecchio maggiordomo si voltò, ma in quell’istante Sophie afferrò il coltello che portava alla cintura e glielo spinse via. Henri cadde all’indietro, battendo contro la finestra che si infranse in mille schegge.

Un lampo, un urlo… poi silenzio.


Quando la polizia arrivò, trovò Henri morto nel giardino, e gli altri uomini fuggiti.
Jean Dupont rientrò la mattina dopo, il volto impallidito.

«Non doveva mai accadere,» mormorò. «Henri era mio fratellastro. Cercava le prove dei nostri affari… illegali.»

Sophie lo fissò, scioccata. «Mi avete usata. Tutto questo… era una trappola?»

Jean abbassò lo sguardo. «Non volevo coinvolgerti. Ma ora sai troppo.»

Due uomini in giacca scura entrarono nella stanza. Antoine si nascose dietro Sophie.

«Papà, cosa fai?» chiese con voce tremante.

Jean sospirò. «Proteggo la famiglia, figlio mio.»

Estrasse una pistola.

Ma prima che potesse premere il grilletto, una voce metallica lo interruppe: «Fermi! Polizia!»

Una squadra armata irruppe nella villa. Sophie chiuse gli occhi, il rumore degli spari le riempì le orecchie.


Tre mesi dopo.

La villa era sigillata, i Dupont arrestati per frode e corruzione.
Antoine viveva con Sophie, ora sua tutrice legale.

Ogni notte, però, quando la luna era piena, lei lo sentiva sussurrare nel sonno:

«Sophie… l’uomo del corridoio non è morto. Cammina ancora… con le scarpe bagnate.»

E qualche volta, nel silenzio della casa di campagna dove si erano rifugiati, Sophie udiva davvero quei passi.

Lenti. Pesanti.

Come se qualcuno, da un corridoio lontano, stesse ancora cercando qualcosa che non avrebbe mai dovuto trovare.

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